27/01/13

Memory Void

27/01/1945. L’Armata Rossa, nell’inarrestabile offensiva verso Berlino, libera il campo di Auschwitz e scopre l’orrore.

Lo sterminio di massa degli ebrei si è impresso a fuoco nella coscienza dell’uomo a causa dell’utilizzazione sistematica di criteri industriali.

La storia del genocidio non conosce solo la Shoah, purtroppo. I milioni di morti tra i nativi americani, i curdi, gli jugoslavi, i ruandesi, per fare solo alcuni esempi, non provocano meno sgomento  e non possono non essere ricordati con minore commozione.

Le matrici di ogni politica di sterminio sono sempre le stesse: prevaricazione, odio, interessi economici. Anche le maschere che il lato oscuro dell’uomo indossa per giustificare il proprio operato sono sempre uguali: l’amore per il proprio paese e la volontà di Dio.

Berlino

L’architetto Daniel Libeskind ha lasciato spazi vuoti (memory voids) nella costruzione dell’edificio destinato ad ospitare lo Judisches Museum per simboleggiare l’assenza degli ebrei dalla società tedesca.

L’artista istraeliano Menashe Kadishman è autore della installazione “Shalekhet” o “Fallen Leaves” dedicata a tutte le vittime innocenti della guerra e della violenza.

Percorrere il corridoio in cemento sul cui pavimento sono collocate oltre 10.000 facce in metallo produce un effetto sonoro che ho trovato agghiacciante e che mi è sembrato riprodurre lo sferragliare di un convoglio ferroviario che si dirige, lentamente ma inesorabilmente, verso la morte.

Berlino, agosto 2011.